Incontri
ravvicinati e follia: come distinguere un'abduction da un delirio? (2000)
Quali sono i parametri con cui stabiliamo la veridicità del mondo
che ci circonda?
Una delle abilità che si acquistano col trascorrere degli anni,
durante la giovinezza, è quella di stabilire il grado di fondatezza
di ciò che ci dicono gli altri. Da piccoli, mamma e papà
ci ammoniscono sul dare o meno retta agli estranei; da "grandi"
sono le esperienze personali che ci conducono a sfumare le verità
assolute dell'infanzia: diventiamo cioè in grado di stabilire
quanto la realtà esterna corrisponda a ciò in cui crediamo.
Impariamo anche a percepire che la verità del nostro vicino può
non essere tale per noi o che addirittura può essere una verità
con dei parametri totalmente sconosciuti. Se siamo fortunati, con l'andar
del tempo arriviamo a tollerare la presenza di queste zone sconosciute
della "verità" e, ancor più, a cercare di procurarci
degli strumenti per arrivare a penetrarle e farle diventare parte del
nostro mondo. Questo processo, se realmente vissuto, non è mai
indolore, perché dobbiamo accettare di misurare alcune delle
certezze su cui fondiamo la nostra stabilità di esseri viventi.
Inoltre, la comodità di un pensiero abitudinario è indiscutibile.
Se quindi impariamo a distinguere, mediamente, la verità dalla
fantasia, le bugie dette per timidezza da quelle dette per apparire
più importanti, i travisamenti da stato di shock e le parole
non dettate con verità ma dette per incoraggiare, incontriamo
maggior difficoltà quando si tratta di capire più sottilmente
lo stato d'animo di qualcuno che ci racconta qualcosa di molto privato.
In questo caso dobbiamo disfarci dei parametri con cui sopravviviamo
nel quotidiano per calarci in una dimensione speciale: quella che prevede
la messa in gioco delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, in
un campo dove la ragione da sola si perderebbe come una nave in cerca
della longitudine.
Vi sono aspetti della vita mentale scarsamente esplorati, e fenomeni
di cui si scrive molto - perciò ne siamo informati - ma di cui
si capisce poco, perché lo sforzo da porre in atto per penetrarli
non scardina solo le abitudini quotidiane, ma il sistema intero delle
credenze sociali cui è opportuno conformarsi per non essere emarginati.
Il primo prezzo cui dobbiamo far fronte è quindi la paura di
perdere la considerazione degli altri e, quindi, di dover veleggiare
da soli con le nostre idee. Tuttavia ha paura anche chi si trova, suo
malgrado, a fare esperienze fuori del comune. La paura sembra essere
quindi il denominatore comune di chi s'incammina, per scelta o per gioco
del destino.
Allora uno dei primi passi da fare è quello di entrare in contatto
con la nostra paura, accettare la sua esistenza, parlarne con altri
- la compagnia è sempre più ampia di quello che immaginiamo
- fare tesoro delle opinioni e delle strategie di chi ci è già
passato e, soprattutto, tenersela sempre ben stretta: la paura è
gemella della cautela ed è l'altra faccia della medaglia rispetto
al coraggio. Non si può prendere l'uno senza l'altro. Accettare
la paura significa prendere possesso del coraggio.
Gli esseri umani sono sempre stati affascinati dall'esistenza di altre
dimensioni. Quello che noi banalmente chiamiamo "il culto dei morti"
è un tentativo di dare corpo a un'intuizione che l'essere umano
ha da sempre, cioè che al di là della vita conosciuta
ci sia un mondo i cui parametri di manifestazione sono differenti rispetto
a questo.
Si pensava che l'Uomo di Neanderthal avesse un interesse più
scarso nei confronti dei morti rispetto all'Uomo di Cro-magnon. Con
le recenti scoperte circa comunità formate da entrambe le razze,
si è visto invece che anche in queste cosiddette unità
primitive il senso di una continuazione della vita dopo la morte era
già molto presente.
Facilmente si potrebbe ribattere che l'Uomo ha da sempre avuto paura
della morte e che questo è un modo di esorcizzare la paura. Proviamo
invece a considerare il fatto che questi esseri facessero uso di facoltà
che noi abbiamo dimenticato, e che l'intuizione fosse una caratteristica
essenziale della sopravvivenza. Il "culto dei morti" derivava
anche allora da una certezza interiore: l'espressione della vita non
è solo quella che si tocca e si vede quotidianamente.
Negli ultimi quarant'anni abbiamo visto espandersi il desiderio delle
persone di far rifiorire tutta la cultura dell'ultradimensionalità.
E' necessario accostarsi a questa cultura senza spavalderia, senza certezze
cieche - perché la nostra lontananza di specie da questi fenomeni
ci ha reso ingenui - ma con l'intento di osservare attentamente, di
ascoltare, di leggere molto e di sentire dal profondo di noi stessi
quali sentimenti si muovono e anche quali desideri. L'onestà
di riconoscere i desideri che sorgono dentro di noi a contatto con questa
cultura dell'ultradimensionale ci mette al riparo dal confondere i desideri
con la realtà. Alla fine una briciola, un brandello di realtà
rimane: e questo è il nostro genuino, minuscolo contatto con
la verità dei fenomeni d'altra dimensione.
L'essere umano produce fenomeni strani e inquietanti di vario genere.
In parte si tratta di processi fisiologici, come le paralisi muscolari
prima del risveglio, durante le quali possiamo sperimentare allucinazioni
di grande effetto, perché miste a elementi realmente esistenti
nel luogo in cui stiamo dormendo. Queste paralisi con allucinazioni
sono probabilmente delle Esperienze Fuori del Corpo (OBE) non riuscite.
Le OBE stesse mettono, per chi riesce a sperimentarle con serenità,
nella condizione di staccarsi dal corpo materiale e dallo spazio-tempo
conosciuto e di provare la sensazione che davvero nulla di quello che
rimane quaggiù sia così importante, tanta è la
vastità della dimensione che si percepisce durante queste esperienze.
Da tempo, in psicologia, sono riconosciute la telepatia, la chiaroveggenza,
la precognizione e la psicocinesi come percezioni extrasensoriali (ESP)
facenti parte del bagaglio dell'essere umano e anche di altri esseri
viventi. L'unica cautela che va usata nel trattare ciò è
di doversi ricordare che questi fenomeni non sono così diffusi
nelle loro espressioni eclatanti come spesso viene dichiarato; sono
tuttavia diffusi in modo frustro, tanto che la gente di solito non dà
loro veramente importanza. Bisogna tener presente che chi è veramente
un fruitore abituale di queste facoltà di solito non ne parla.
C'è poi una porta verso i grandi spazi dell'universo che è
accessibile a tutti, ed è quella che a mio parere dovrebbe essere
aperta per prima: si tratta del sogno. Concentrandoci sulla nostra storia
e sulle questioni che vogliamo risolvere, i sogni cominciano subito
a fornirci ciò di cui abbiamo bisogno: metafore sulla nostra
situazione, ritorno di memorie di eventi sepolti, la rappresentazione
dei sentimenti e delle emozioni che tutto ciò ci scatena: la
nostra rabbia, l'impotenza, il bisogno di essere accompagnati, la fame
e la sete interiori che i nostri genitori - esseri umani come noi -
ci hanno provocato, le paure ancestrali che ci accompagnano come specie,
le nostre parti "Ombra", la ricerca della nostra giusta metà
affettiva, la ricerca di un'espansione spirituale.
Le potenzialità del sogno non sono solo queste, perché
una volta raggiunta una certa consapevolezza della propria natura, possiamo
cominciare a ricevere informazioni d'altro genere, di solito legate
allo scopo che dovremmo attribuire alla nostra vita. E' intuibile che
una persona che arrivi a questi livelli abbia lasciato dietro di sé
la falsità, la corruzione e l'ingiustizia. Non che con ciò
si diventi dei santi, ma diciamo che si lasciano alle spalle il bisogno
di sfruttare gli altri esseri umani e il pianeta su cui viviamo. Quindi
le informazioni che otteniamo hanno il senso di aiutarci a raggiungere
il nostro Tao, di farci proseguire lungo la strada e a perseguire l'esatto
scopo per il quale ci siamo presi la responsabilità di nascere
(1).
Ci si chiedeva quale fosse il modo di distinguere, in particolare, un
contatto con creature non terrene-terrestri da un delirio.
Un delirio su un rapimento da parte di extraterrestri pare sia ora abbastanza
diffuso tra i ricoverati delle cliniche psichiatriche o tra coloro che
chiedono aiuto in pronto soccorso. Perciò per muoversi in questo
campo è necessario tenere da conto tutto quello che ho descritto
fino a questo punto: l'esistenza di particolari facoltà, di produzioni
anomale di percezioni, l'intuizione che esista qualcosa d'altro e tutta
la capacità di immagazzinamento e di riproduzione proprie dell'inconscio.
Abituati a considerare tutto questo con naturalezza - ma sempre con
viva curiosità e meraviglia - risulta altrettanto naturale ascoltare
le esperienze di chiunque con partecipazione di cuore e distacco mentale
contemporaneamente. Il cuore consente di entrare in sintonia con la
persona e di cogliere tutta la parte emotiva che non viene raccontata,
i sottintesi, di essere in definitiva capaci di vera compassione. Dal
suo canto la mente paragona ciò che registra con avvenimenti
già acquisiti, osserva come si presenta la persona e il suo modo
di muoversi, pesca nelle nozioni scientifiche, accosta, pesa, scarta,
aggiunge, chiede particolari
Più difficile è stabilire la verità per un appassionato
che incontra persone che sommessamente raccontano certi fenomeni: l'appassionato
non vede l'ora di avere conferme a ciò che sta studiando e può,
senza accorgersene, rinfocolare un'immaginazione fino a ingigantirla
e a confonderla con la verità. Gli appassionati che si "impossessano"
di questi casi, e che spingono il loro intervento in modo ingenuo fino
a farsi raccontare approfonditamente i fatti della vita di queste persone,
non hanno né tecnica né bagaglio personale per discernere
ciò che veramente è accaduto, e nella maggior parte dei
casi il loro inesperto intervento - ammesso che arrivi all'osservazione
di un professionista, perché il consolidare così l'esperienza
fa ritenere in genere al soggetto di non aver bisogno d'altro - rende
necessario in seguito un lungo lavoro di ricucitura da parte del terapeuta,
rendendo più costoso in tutti i sensi il recupero della persona.
Per quanto riguarda la mia esperienza, coloro che hanno avuto veramente
dei fenomeni arrivano di solito con le idee tutt'altro che chiare, senza
nessun messaggio spirituale da donare all'umanità, con tanta
paura di scoprire che quello che pensano sia qualcosa di così
altamente insolito e necessitano di lunghi tempi di contatto prima di
decidersi a superare certe barriere con l'uso delle tecniche ipnotiche.
Gli elementi che abbiamo a disposizione fanno ritenere che la necessità
fondamentale dell'essere umano sia attualmente quella di modificare
profondamente la sua cognizione della realtà e della meccanica
degli avvenimenti della vita. Quello che è assolutamente certo,
sia che gli ET siano qui oppure no, è che l'essere umano è
sconvolto da una richiesta che si sta affacciando dalle sue profondità:
la necessità di una ricerca di sé e di un ritorno alle
origini, quel ritorno che da sempre è indicato come meta in tutte
le religioni del mondo e di ogni tempo.
© Giulia M. d'Ambrosio
(1) James Hillman - "Il codice dell'anima"
<<<Indietro
Torna
alla HomePage